Louise Nevelson (1899-1989), scultrice america di origine russa, le cui esperienze scultoree sono legate all’ambito neodada americano, può essere considerata tra le più significative esponenti dell’arte del Secondo Dopoguerra.
Nata in Russia nel 1899 si trasferì insieme alla sua famiglia negli Stati Uniti a partire dal 1905. Studiò con K.H. Miller all’Art Students League di New York e a Monaco nel 1931 con H. Hoffmann; collaborò con Diego Rivera per la realizzazione del murale per la New Workers’ School (New York, 1932).
Si dedicò ben presto alla sculture, le sue prime opere di terracotta mostrano il suo interesse per l’arte precolombiana, che approfondì con i suoi studi archeologici in Messico e nell’America Centrale; successivamente passò all’uso del legno e dal 1968 anche del plexiglas.
La sua produzione artistica, che risente l’influenza delle grandi avanguardie del Novecento come il Futurismo e il Dadaismo, si caratterizza per l’uso di frammenti e oggetti recuperati dal contesto quotidiano con i quali l’artista creava opere del tutto nuove e originali.
Con frammenti di manufatti (modanature sagomate, gambe di sedie e tavoli, balaustre, colonnine ecc.), costruiva assemblages (composizioni con oggetti tridimensionali).
A partire dagli anni Cinquanta si dedico anche alla pratica del monocromo passando dal nero (’55-’59) al bianco (’59-’60) per concludere con l’oro (’60-’61).
Le sue famose “cassette” di legno sono nient’altro che contenitori di altri oggetti di legno, ivi conservati e in certo senso “museificati”, come relitti di memorie o di un antico mestiere artigiano disperso in frammenti.