Nata a Newark nel 1945, la statunitense Barbara Kruger rappresenta una delle figure più importanti e attive nel campo della fotografia di genere. Lo stile dell’artista è stato molto influenzato dal contatto con la grafica, dall’esperienza lavorativa negli ambienti editoriali e dalla vicinanza intellettuale ad artiste come Diane Arbus e Marvin Israel.
L’opera di Barbara Kruger consiste principalmente in scatti fotografici in bianco e nero. La scelta espressiva dell’artista tende a far prevalere soggetti femminili, corredati da slogan dal forte contrasto cromatico. La scelta di accompagnare le fotografie con delle frasi brevi fa parte del bagaglio culturale dell’artista, che si è interessata fin dai tempi della Syracuse University al linguaggio poetico, partecipando anche a declamazioni di componimenti in versi.
I lavori della Kruger esprimono tutti un messaggio deciso di contestazione sociale. Il tema più caro alla Kruger è sicuramente quello femminista, rappresentato nella maggior parte dei suoi lavori, ma le sue opere parlano anche di consumismo, di razzismo, in opposizione a tutti i rapporti di potere.
Al pari di un comune messaggio pubblicitario, l’opera di Barbara Kruger si costruisce attraverso i meccanismi di spettacolarizzazione del contenuto visivo. I lavori dell’artista catturano l’attenzione dello spettatore, coinvogendolo sia visivamente che mentalmente e provocando una presa di coscienza sul tema messo in evidenaza dall’immagine e le parole. Le opere di Barbara Kruger condividono con la pubblicità anche i mezzi di trasmissione e fruizione, come la strada e i giornali, che prendono il posto dei luoghi convenzionalmente deputati alla fruizione di opere artistiche.
Tra le opere più famose dell’artista c’è Your Every Wish Is Our Command (1981), letteralmente “Ogni tuo desiderio è un nostro ordine”: lo slogan accompagna una foto raffigurante la mano di una donna che stringe quella di un neonato. L’opera esprime il senso del passare del tempo e il potere che hanno sull’uomo concetti come la ricchezza, l’influenza e la provenienza etnica.
“Mi ritrovo influenzata dalla presenza del tempo che passa, ma raramente da eventi particolari. Fin dall’infanzia, mi ha influenzato l’attenzione ricevuta o negata, i piaceri, l’assenza di comodità o di sicurezza, il denaro, la classe sociale e il potere: in altre parole, l’accumulo del quotidiano. Questi momenti, questi concetti, ci rendono quello che siamo e ci fanno fare il lavoro che facciamo ”.
In I Shop Therefore I am (1987), “Compro perciò sono”, citando il celebre “cogito ergo sum” cartesiano polemizza contro la civiltà del consumismo tipica dei giorni nostri, che spinge l’uomo, sempre più assetato di materia piuttosto che di essenza, a rappresentare se stesso per quello che possiede anzi che per il suo vero essere. Più in generale si rimanda a delle dinamiche di rapporto tra potere e destinatario del potere che non riguarda solo il consumatore e il prodotto, ma si estende a rapporti di potere più ampi e complessi.
Il tema femminista ritorna in Your Body Is A Battleground (1989), originariamente concepito come poster per una manifestazione tenutasi a Washington nell’aprile del 1989 riguardo al diritto d’aborto, e adottato più generalmente in seguito come manifesto della lotta delle donne per tutti i propri diritti, e contro l’immagine stereotipata della figura femminile, costantemente alimentata dall’advertising pubblicitario e fondata su un’immagine eterea e perfetta della donna, alla quale tutte devono corrispondere, tematica accostabile al femminismo di Valie Export.
Lo stesso tema viene riproposto in Super Rich, Ultra Gorgeous, Extra Skinny, Forever Young (1997), che evidenzia l’esaltazione, da parte della società, delle caratteristiche che dovrebbero rendere la donna perfetta: ricchezza, bellezza, magrezza e giovinezza. Di nuovo, queste caratteristiche rimandano altresì a un’immagine canonica dei meccanismi del consumismo.
In All Violence Is An Illustration Of A Pathetic Stereotype (1991), esposta questa volta in una galleria d’arte – la Mary Boone Gallery di New York – l’artista esprime la sua critica alle contorte situazioni sociali del tempo, alternando immagini – come il volto di un bambino che grida o una donna nuda con una maschera a gas – a testi altrettanto forti; ancora una volta, lo scopo è di scuotere lo spettatore, nonché portarlo a trarre delle conclusioni e a riflettere davanti al contenuto dell’opera.