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Giuliano Mauri

Costruisco scale, mulini, case, ponti, giostre, cattedrali, isole, boschi, cieli… Se mi chiedono che lavoro faccio, rispondo che credo di essere un bravo carpentiere. Sono molto bravo a tagliare il legname, a capire i meccanismi della costruzione.

 

Nato a Lodi Vecchio nel 1938, Giuliano Mauri inizia a lavorare a 10 anni come aiutante presso un panettiere e dipinge cartelloni pubblicitari per il cinema locale. A partire dal 1964 frequentare i circoli artistici di Milano, continuando a coltivare la sua più grande passione: dipingere.

Nel 1974 comincia ad esporre, in forma individuale, i suoi video e le sue performances fotografiche sugli interventi ambientali compiuti nei campi del lodigiano. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1976, alla Triennale di Milano nel 1992 e alla Biennale di Penne nel 1994.

I suoi numerosi interventi ambientali, definiti come “architetture naturali” hanno portato Giuliano Mauri ad essere conosciuto anche in ambito internazionale.

Lo scopo del lavoro di Mauri è  quello di trasformare i propri sogni e idee in realtà, interagire con la natura per trovare un punto d’accordo con essa e cercare di costruire delle opere d’arte che non forzino l’essenza primaria degli elementi.

La maggior parte del suo pubblico è costituito da gente comune. Non si tratta né di appassionati che visitano abitualmente esposizioni o musei, né di esperti d’arte, ma di persone che si avvicinano all’arte per curiosità e per divertimento. In questo modo, l’artista sente di contribuire alla diffusione dell’amore per un tipo di arte particolare, un’arte che privilegia il mondo vegetale e tutto ciò che esso offre, un’arte al di fuori degli schemi e dei canoni classici. Giuliano Mauri si distacca così dall’arte ufficiale, che secondo lui procede esclusivamente in direzione del denaro.

La fatica del fare si congiunge al piacere della manualità, condizione che porta l’artista a sentirsi estraneo alle logiche del concettualismo e a rilanciare la sua scommessa intorno ai valori collettivi del lavoro, come risposta etica a qualunque dominio tecnologico. La tecnologia a cui Mauri si affida è quella primaria e originaria della mano e del cervello, come mezzo totale che riscopre un’emozione incontaminata nei confronti della natura.

Tra i primi lavori bisogna menzionare “La Città del Sole”, installata a Lodi nel 1984 sulle rive dell’Adda. Nel suo nome egli rende omaggio a Tommaso Campanella. Le forme e le intersezioni rappresentano le fitte relazioni che caratterizzano gli esseri umani nelle loro affinità, nelle loro corrispondenze e nelle emozioni comuni che legano tra loro tutti gli esseri viventi, un cosmo animato e perfetto sul modello del filosofo calabrese.

In “Isole Vaganti” (1992, fiume Adda, Lodi) e “Zattera dei migranti” (2005, Gallo Matese, Caserta) Mauri ha realizzato delle zattere giganti di legno per farle vagare su fiumi o laghi con sopra della terra. Queste strutture sono soggette all’entropia e ai fenomeni naturali e alla deriva. Il vento feconderà quella terra e le zattere diventeranno indistinguibili dal resto della vegetazione.

A Tranekaer, in Danimarca, realizza la sua “Arpa Eolica” si tratta di un’installazione costituita da sei coni sovrapposti, in torsione verticale, che si sviluppano su un’altezza totale di quindici metri. Il vento del nord che anima il parco riesce a scuotere i bastoni producendo un suono profondo in sintonia con l’ambiente.

Nello stesso anno, il 1992, lavora presso il parco Arte Sella di Borgo Valsugana alla “Torre Vegetale”. Si tratta di un primo approccio verso quella che sarà poi la “Cattedrale”.

Nel 2001 concretizza per Arte Sella il suo più grande sogno, un’opera monumentale, la “Cattedrale Vegetale”.
Si tratta di un’opera d’arte e di architettura imponente e maestosa, composta da un rettangolo di base di ottantadue metri per quindici, dalle dimensioni di una vera e propria cattedrale gotica, con tre navate di dodici metri di altezza. Una cattedrale che non nasconde il fascino che si può provare trovandosi davanti alle maestose cattedrali di Chartres o Notre Dame, con la loro struttura esile, slanciata e allo stesso tempo forte e compatta. Quattrocentoventi colonne di sostegno, cinquecento anelli, tremila ramoscelli intrecciati: è questa l’impalcatura che ha permesso l’elevazione della Cattedrale. All’interno di ogni pilastro è stato piantato un faggio carpino. Le piante cresceranno di circa cinquanta centimetri all’anno.

Operando con rami e tronchi di legno è riuscito a costruire edifici fantasticamente reali. Il presupposto, legato alla naturale caducità del materiale impiegato, è che la natura riempirà i vuoti lasciati dal disfacimento del legno, producendo quindi una sorta di dialogo con l’artista.

Nel 2010, in seguito alla scomparsa di Giuliano Mauri, la famiglia porta a termine il progetto della “Cattedrale Vegetale” nel parco delle Orbie bergamasche. Un’immensa costruzione ai piedi del monte Arera composta da cinque navate, ancora più maestosa e imponente della precedente situata in Val di Sella.

Un articolo di Mauro Rizzi

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