Gina Pane è un’artista francese e una delle più grandi rappresentati della body art.
Nata a Biarritz nel 1939 e morta precocemente a Parigi nel 1990 a causa di un cancro, quest’artista ha donato letteralmente tutto il proprio corpo alla propria arte. Riteneva infatti che lo stesso fosse al contempo progetto, materia ed esecuzione artistica.
Dopo aver studiato all’ Académie des beaux-arts di Parigi dal 1961 al 1966 e dopo un’ iniziale approccio alla scultura, Gina Pane intraprese il suo bizzarro percorso professionale negli anni Settanta realizzando delle performancedove metteva in gioco il proprio corpo scrutandone e studiandone anche la dimensione dolorosa.
Gina Pane si rivolge per di più alle donne, alla loro condizione subalterna all’inizio degli anni Settanta.
Nel 1972 a Los Angeles mette in scena un’ azione chiamata Il bianco non esiste. L’artista inizia a ferirsi il viso con una lametta, di fronte alla folla sbigottita. Il tentativo è quello volersi liberare dal preconcetto e dalla gabbia estetica dove, in particolare le donne, sono costrette a vivere. Ogni ferita che l’artista si provoca è la ferita di ogni donna costretta ad abusi e dolori.
Una delle più suggestive è sicuramente Azione Sentimentale, una performance messa in scena nel 1973 presso il Centre Pompidou a Parigi, di forte connotazione sessuale e religiosa. Vestita di bianco, con un solo bouquet di rose rosse tra le mani, l’artista stacca una ad una le spine per poi provocarsi ferite con queste lungo le braccia e lasciarsi macchiare dal sangue. Si coglie bene la dimensione del martirio religioso attraverso l’automutilazione.
In Escalade non anesthésiée Gina Pane sale una scala con chiodi a piedi e mani nude, ferendosi inevitabilmente. Il tema della sopportazione del dolore fisico è costante in ogni sua performance. Ferirsi non è più un atto masochista ma diventa un modo per condividere con l’altro il proprio dolore.
Il sangue diventa elemento portante delle sue performance, provocarsi dolore era per lei come donarsi un modo per mostrarsi al pubblico, senza alcun tipo di intermezzi.
Se apro il mio corpo affinché voi possiate guardarci il mio sangue, è per amore vostro: l’altro.
Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che
il riflesso dei miti creati dalla società… il corpo (la sua gestualità) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro. (Scopri altre citazioni di artisti)
Dagli anni 80′ in poi Gina Pane smise di mettere in gioco il proprio corpo ma lasciò un ricordo delle sue azioni nelle Partizioni ovvero una serie di oggetti, reliquie e ricordi delle performance compiute.
Un articolo di Silvia Fiorini Granieri