Keith Haring (1958-1990) è stato un’icona pop, uno degli artisti più celebri degli anni ’80, immediatamente riconoscibile per il suo stile unico e per i simboli enigmatici che emergono nei suoi disegni.
Ha partecipato a mostre collettive con Warhol, Basquiat, Lichtestein e Rauchenberg, è stato invitato a Biennali e le sue opere sono state esposte nelle più note gallerie internazionali degli anni ’90.
Nei suoi lavori urbani (per lo più graffiti relizzati nelle metropolitane), come anche nei quadri, disegni e sulture, emergono messaggi espliciti attraverso i quali l’artista rivendica giustizia sociale e necessità di cambiamento: contro il razzismo, il capitalismo e l’omofobia, ma anche contro il nucleare e l’ apartheid nell’Africa del sud.
La sua filosofia era che l’arte deve essere messa a disposizione di tutti, non e’ un privilegio accessibile solo ai visitatori di musei e gallerie. Per questo ha iniziato a dipingere murales nelle metropolitane e in altri spazi pubblici e per questo ha creato la butique Pop Shop (in cui vendeva il suo merchadise). L’idea di democratizzare l’arte in questo modo era in parte ispirata al film sull’installazione di Christo “Running Fence” (24.5 miglia di staccionata nel nord della California velata con del nylon bianco).
I sui graffiti erano raramente commissionati, ma anche quando lo erano, Haring si impegnava a finanziare il lavoro o dava in donazione il materiale usato. In ogni suo viaggio lasciava una pezzo della sua arte. Come spazio interno sceglieva per lo piu’ scuole e ospedali, mentre all’esterno lavorava su spazi pubblici di zone urbane impoverite e dimenticate.
Haring e’ stato uno dei primi artisti ad abbracciare il concetto di diffondere l’immagine artistica in tutti i modi possibili, concetto che era estremamente controveso negli anni ’80 e in alcuni casi lo e’ ancora ai giorni d’oggi.
Haring utilizzava gli spazi pubblici per diffondere le sue idee attraverso l’arte, per farsi ascoltare da tutto il mondo. Disegnava con un gessetto bianco su pannelli neri che coprivano i manifesti pubblicitari nella metropolitana di Londra. Amava il lato perfromativo di creare le opere di fronte a un pubblico, in particolar modo bambini. Tuttavia, voleva anche che il suo lavoro fosse preso sul serio e selezionato per essere esposto in musei e gallerie.
Tra le figure che compongono il vocabolario visivo di Haring, ci sono dischi volanti, cani a tre zampe, topolino, macchine e figure stilizzate dalla sessualità esibita. L’individuo è rappresentato come vittima dell’evoluzione tecnologica e della bramosia di potere e denaro che caratterizzano l’epoca contemporanea.
Una volta arrivato a New York, Haring dichiarò pubblicamente la sua omosessualità e il tema dell’amore e del sesso omosessuale divenne diffusissimo in molti dei suoi graffiti.
Un tema particolarmente trattato era anche quello dell’ HIV – virus che raffigurava come un enorme spermatozoo con le corna – a causa del quale l’artista morì nel 1990. Disegnare era per Haring un gesto politico di propaganda e divenne negli ultimi mesi della sua vita un atto di resistenza contro la morte.