Miroslaw Balka è un artista polacco nato a Varsavia nel 1959.
Il corpo, la memoria, la morte, la mitologia privata, sono i temi chiave dell’opera di Balka , presenti già nei suoi primi progetti .
I materiali con cui ‘artista crea le sue opere sono spesso prelevati dalla sua abitazione. Terra, sapone, cenere, sale, capelli, legno e lamiere arrugginite acquistano nuovi significati nel contesto di opere narrative che rappresentano la condizione dell’essere umano.
Nel 1985, mentre l’artista ultimava i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Varsavia, la Polonia stava vivendo un profondo cambiamento sociale in seguito alle attività destabilizzandi di Solidarność, un movimento antisovietico non violento ampiamente sostenuto dalla Chiesa cattolica. Nei primi anni Ottanta, la crescita di consensi di Solidarność e di altri movimenti a favore della democrazia, avevano introdotto l’autoritario governo polacco a imporre la legge marziale, che portò alla repressione dei dissidenti. Molti lavori di Balja di quel periodo rispecchiano direttamente atmosfera cupa e inquieta di quegli anni: sculture drammatiche e performance rituali che evocano le opere di Joseph Beuys.
Il lavoro di Balka è spesso autobiografico, attingendo spesso alla sua storia personale e al simbolismo tramandatogli dalla famiglia che da generazioni si occupa di scultura funebre.
L’artista interessa agli oggetti che accompagnano accolgono il corpo dell’uomo nelle varie fasi della sua vita (il letto, la bara l’urna), come ai liquidi corporei come sudore, urina, sperma e lacrime. Nel costruire le sue opere, Balka utilizza calchi del proprio corpo, che diventa il modello standard delle sue creazioni, così come l’esperienza interiore dell’artista che diventa paradigma di una storia universale.
I primi lavori dell’artista – forse quelli più carichi di significato politico – spesso ritraggono il corpo umano.
Tra questi c’è “Papa nero e pecora nera”(Biennale di Venezia 2013), un’opera del 1987 che mostra una spettrale coppia di figure cineree, il cui rigido aspetto suggerisce una certa solennità ma anche un profondo senso di inquietudine. La forma umana è inerme e mummificata ed evoca immediatamente la morte. Il papa nero sembra in lutto, a suggerire la repressione religiosa del dominio comunista e pare condannato insieme al sua gregge. Dagli occhi del papa sembrano sgorgare lacrime che, come zanne grottesche, forano il ruvido manto tombale in cui è avvolto.
Tra le opere realizzate nella seconda metà degli anni ’80 – quando Balka prese parte al movimento New Expression – c’erano “Bad News” (1986) , “S. Adalberto” (1987) o “Pastorella” ( 1989), dove l’uomo e la sua esistenza sono stati mostrati nell’opposizione drammatica tra fisico e spirituale .
Dal 1990 la sua attenzione si sposta verso le installazioni astratte, realizzati in materiali come acciaio, cemento, sale, gommapiuma e feltro. Il corpo umano è ancora presente ma in modo indiretto e velato. Si tratta di sculture ascetiche, installazioni scultoree e video che riflettono la precarietà dell’umanità tra le macerie dell’ esistenza terrena.